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Storia di Monte San Vito

Vicino al nostro agriturismo, c’è Monte San Vito, un paese tra i più belli delle Marche,  qui sono stati ritrovati manufatti antichissimi, ancora oggi oggetto di studi.

I manufatti in selce – tomba

Risalenti al paleolitico inferiore i manufatti di selce recuperati in varie località del territorio di Monsanvitese, quali tracce del passaggio di gruppi di cacciatori, inoltre pochi reperti di ceramica e di selce attribuibili al Neolitico, anch’essi rinvenuti a Monte San Vito proprio vicino il nostro agriturismo qui nelle Marche.

Di particolare interesse è il ritrovamento di una sepoltura, attribuibile alla fine dell’Eneolitico o al Bronzo antico, in contrada San Rocco, attualmente esposta al Museo Preistorico Etnografico “Pigorini” di Roma, corredata da 3 lame, 26 punte di freccia ed un pugnale di selce. Le origini di questo importante e conteso castello vengono fatte risalire, secondo antichi manoscritti, alla fondazione di due antichi castelli: Castel San Pietro o Monte San Pietro e Bitodunum, poi diventato Vitodunum, probabilmente ad opera dei galli senoni nel 4° secolo a.c..

l primo documento storico in cui si cita Monte San Vito

Per il turista che viene ospite in agriturismo nelle Marche sarà interessante sapere che il primo documento che menziona Monte San Vito risale al 1053 (“Carte diplomatiche jesine”) e successivamente si ha una citazione nei “Regesti Senigalliesi” del 1155, dai quali si desume il consolidamento in un unico insediamento in epoca anteriore al X° secolo. La pubblicazione del diploma del 1177, emanato da Federico I° il Barbarossa, assume un rilievo storico importante, questo privilegio sottraeva il dominio sul paese alla giurisdizione del marchese anconetano per porlo sotto il diretto dominio dell’imperatore ottenendo la concessione di un territorio vastissimo che includeva i castelli di Morro, Alberello, Orgiolo e Morruco e sei ville tra le quali quelle di San Marcello e di Antico unito inoltre al territorio che si estendeva fino al mare, compresa la famosa Selva di Castagnola, eccettuata l’abbazia Cistercense. Dopo la morte dell’imperatore, la comunità monsanvitese ritornò sotto la giurisdizione della Diocesi di Senigallia, poi ceduto alla città di Jesi fu oggetto per lunghi anni di aspre contese con la città di Ancona.

L’occupazione

Agli inizi del XV° secolo il castello fu occupato, dopo il precedente e fallito tentativo di Galeotto, dai Malatesta, che consolidarono la fortificazione, costruendo una rocca che ora ingloba il Palazzo del Municipio e che per il turista che viene ospite in agriturismo nelle Marche rappresenta l’opera maggiormente rappresentativa del paese medievale.

Ancona e la santa sede

Ancona, data l’importanza strategica di Monte San Vito, si rivolse direttamente al papa Martino V, ma solo sotto il successore Eugenio IV nell’anno1432 ottenne la sovranità su Monte San Vito. Frattanto duravano le diatribe con la Città di Jesi, fino a quando Leone X dei Medici assegnò definitivamente il Castello alla città di Ancona, condannando Jesi al pagamento di un’elevata multa. Si successero periodi difficili di brigantaggio e carestie, quindi il paese si avviò verso una costante crescita, favorita dalla relativa autonomia, a seguito del riconoscimento nella concessione da parte del papa Paolo V Borghese, eletto al soglio pontificio nell’anno1605, del titolo di “Terra”.

Il settecento con e le sue trasformazioni

Nel ‘700, sono da segnalare al turista ospite in agriturismo nelle Marche le trasformazioni urbane di maggiore rilievo: la costruzione della nuova chiesa collegiata di S. Pietro determina l’apertura definitiva della cerchia muraria e la forma chiusa ellittica delle mura si sfalda per fare posto ad un grande tempio con cupola di circa 10m. di diametro con un nuovo campanile al posto di quello del 1500 e nel 1710 la chiusura del fossato sotto le mura, luogo insalubre dove spesso veniva radunato il bestiame, a favore della creazione di Via Grande, inoltre nello spazio antistante la vecchia porta si realizzerà “il muraglione” per diminuire la forte pendenza della piazza e rendere più agevole il transito dei carri. Testimonianza della continua evoluzione urbana e della volontà della comunità di non chiudersi più entro le mura ma ad aprirsi a dimensioni e spazi nuovi, a costo di sacrificare per l’uso pubblico aree da secoli destinate ad abitazioni.

Il Teatro di Monte San Vito

Nel 1757 viene fondato il teatro condominale La Fortuna, conservato in perfetto stato di manutenzione e sicura meta da visitare da parte del turista ospite in agriturismo nelle Marche. A metà dell’Ottocento, per la prima volta la popolazione di Monte S. Vito raggiunge le 4000 unità, per effetto della forte intensificazione delle coltivazioni, spariscono le aree boschive e si dimezzano i pascoli, aumentano notevolmente le coltivazioni di viti e alberi da frutta, che ancora oggi caratterizzano il paesaggio che non sfugge al turista ospite in agriturismo nelle Marche. A fine Ottocento anche la popolazione monsanvitese beneficia dei provvedimenti dello stato unitario relativi all’istruzione e nel territorio comunale vengono avviate due scuole: la scuola rurale di prima classe nel centro storico, la scuola rurale inferiore maschile di terza classe di Borghetto. All’inizio del Novecento Monte S.Vito è una realtà fondata sull’economia agricola di tipo mezzadrile, un sistema che garantiva stabilità sociale, ma ostacolava ogni innovazione tecnica per l’assenza di interesse del mezzadro per ogni novità.

Agricoltura e commercio

L’agricoltura è l’attività prevalente ed attorno ad essa ruotano le varie attività artigianali, il commercio avviene nei mercati settimanali e nelle fiere. Nel 1893 un pugno di giovani dà vita all’associazione “Sole dell’avvenire” primo embrione organizzato socialista e nel luglio del 1901 la Lega provinciale di Chiaravalle inserì tra le proprie rivendicazioni la “libertà di contrarre matrimonio senza alcuna imposizione padronale”.

L’epoca del fascismo

Durante il ventennio fascista si concludono alcuni lavori di ristrutturazione e miglioramento negli edifici scolastici sia del capoluogo che rurali, ancora oggi visibili dal turista ospite delle Marche, si inizia un piano di lavori pubblici per l’illuminazione, la rete idrica-fognaria e il cimitero. Nel 1943-44 tutto il territorio comunale diventa terra di sfollati provenienti dalla costa e dai paesi vicini, che aumentano in maniera consistente la popolazione presente, fino al 20 luglio 1944 data di liberazione e di fine della Seconda Guerra Mondiale.

Conclusione

A conclusione della sintesi storica è utile ricordare, come dato saliente per il turista ospite in agriturismo nelle Marche, per la forte eredità culturale ed architettonica rimasta impressa con il dominio dei Signori di Rimini: La Famiglia Malatesta, che si estese sulle nostre terre e tra la nostra gente intorno alla metà del 1300, che Monte San Vito è da considerare a tutti gli effetti una “Terra Malatestiana”. Il Palazzo della Famiglia Malatesta, attuale sede della Residenza Municipale di Monte San Vito è l’esempio più importante di questo legame; ma non possiamo neppure dimenticare le case ed i palazzi donati alla cittadinanza nel 1430 circa, quando i Malatesta decisero di lasciare il possedimento. Geograficamente, Monte San Vito rappresenta la propaggine più meridionale della Signoria dei Malatesta che, dal 1295 al 1528, ampliarono i loro possedimenti acquistando centri e castelli in Romagna e nelle Marche, spingendosi a nord fino a Brescia e a Bergamo. Tra i possedimenti ricordiamo le città di Pesaro, Fano, Cesena, Fossombrone, Cervia e Gradara.

Forse il turista ospite in agriturismo nelle Marche, non sa che proprio a Gradara, nel 1285, Giovanni Malatesta (detto Gianciotto) tolse la vita a sua moglie Francesca da Polenta e a suo fratello minore Paolo, scoperti nell’adulterio. Questo sfortunato amore fu cantato – e reso immortale – da Dante, nel VI canto dell’Inferno della Divina Commedia. La frase “Amor, ch’a nullo amato amar perdona mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona” è nota a tutti gli innamorati, tanto da destinare la Famiglia Malatesta all’eternità.